IL SANSCRITO
Il sanscrito è una lingua sacra della tradizione hindu.
Le parole della lingua sanscrite, così come quelle del Pali e di altre lingue, venivano scritte con un alfabeto diverso dal sistema di scrittura latino che usiamo nelle lingue occidentali. Fra i sistemi di scrittura usati per il sanscrito c’è il devanagari. La parola che noi pronunciamo come “ciacra” viene scritta in devanagari come: चक्र.
È possibile scrivere le parole sanscrite anche usando il sistema di scrittura latino e quando lo si fa, bisognerebbe servirsi di uno dei sistemi standard che consentono di rendere i suoni del sanscrito con i caratteri latini. Questi sistemi vangono chiamati sistemi di traslitterazione. Il più affermato per il sanscrito è lo IAST (International Alphabet of Sanskrit Transliteration). Di fatto la maggior parte delle persone non conoscono lo IAST e quindi tendono a scrivere le parole sanscrite nel modo che gli pare più sensato, spesso basabdosi sui suoni della lingua inglese. Si tratta di un errore, anche se estremamente diffuso.
Usando i suoni della lingua inglese la parola “ciacra” viene scritta come chakra perché la “c” dolce, in inglese, corrisponde generalmente alla coppia “ch” (per esempio in chalk o in chopper). Ma la scrittura corretta, nel rispetto dello standard IAST, sarebbe cakra, senza la “h”. Perché nella traslitterazione dal sanscrito all’alfabeto latino la “c” è sempre dolce e non si aggiunge la “h”.
Di seguito riporto le principali regole per la traslitterazione che è frequente trovare (ed è utile conoscere) quando si leggono parole sanscrite.
PRINCIPALI REGOLE
Le vocali che portano un trattino sopra di esse (ā, ī, ē, ō, ū) si pronunciano con una lunghezza circa doppia del normale. Per esempio la parola sūtra si pronuncia “suutra”.
La consonante “c” è sempre dolce, davanti a qualsiasi vocale. Quindi la parola cakra si pronuncia “ciacra”.
Le consonanti “g” e “k” sono sempre dure. Quindi la parola yogīn si pronuncia “yoghiin”, mentre gītā si pronuncia “ghiitaa”.
La “j” si pronuncia come la coppia “gi” dell’italiano. Di conseguenza Jīva si pronuncia “giiva”.
La consonante “s” con un accento acuto sovrascritto (ś) oppure con un puntino sottoscritto (ṣ), si pronuncia grossolanamente come “sc” con una leggera differenza fra i due casi che in questo contesto può essere tralasciata.
La lettera “n” con una tilde sovrascritta (ñ) si pronuncia come il suono “gn” di “gnosi”.
La coppia “jñ” si pronuncia come una breve “g” dura (come in “gola”) attaccata a un suono “gn” (come in gnomo). Di conseguenza la parola Ājñā si pronuncia “aagh-gnaa”).
La “r” con un puntino sottoscritto (ṛ) si pronuncia “ri”, con una “i” breve. Per esempio la parola ṛg si pronuncia “rig”.
Allo stesso modo la “l” e la “t” con un puntino sottoscritto (ḷ e ṭ) si pronunciano “li” e “ti”, con una i breve.
La ḥ si pronuncia chiaramente aspirata, seguita da un’eco della vocale precedente. Per esempio la parola śāntiḥ si pronuncia “sciaantih”.
Ci sono poi alcune altre regole meno importanti che tralascio.
MAIUSCOLE E MINUSCOLE
Desidero evidenziare che in sanscrito non esiste alcuna differenziazione fra lettere maiuscole e minuscole. Dato che nella nostra cultura occidentale siamo abituati a usare l’iniziale maiuscola per alcune categorie di parole e, in particolare, per i nomi di persona, è opportuno fare la stessa cosa anche per i nomi di persona indiani (al fine di evitare confusione nel lettore occidentale).
Alcuni autori usano le maiuscola anche davanti a termini differenti come segno di rispetto quando questi termini si riferiscono a concetti importanti del mondo dello Spirito. Per esempio scrivono Prāṇa invece che prāṇa oppure Dharma invece che dharma. Questa differenziazione non esiste nel modo di pensare di chi usa il sanscrito, ma fa parte della mentalità occidentale. Personalmente preferisco evitare l’eccesso di maiuscole nella convinzione che il valore della parola sia già contenuto nel suo stesso significato e non occorra rafforzarlo con l’uso delle maiuscole.
Anche in italiano, per esempio, la parola “amore” ha un grande valore, ma normalmente la si scrive con l’iniziale minuscola.
LA “W”
La grafia di alcune parole (purtroppo) risente dell’influenza della lingua inglese. Tuttavia il sanscrito non è l’inglese e credo sia utile rispettare, ove possibile, la lingua originaria e le regole dello IAST. Di conseguenza la “w” non andrebbe usata e bisognerebbe scrivere svāmī invece di swāmī. Infatti nello IAST la “w” e la “f” non esistono.